Wangari Maathai: prima donna africana ad aver ricevuto un Premio Nobel #31donnechehannocambiatoilmondo

Wangari Muta Maathai è stata un’ambientalista, attivista politica e biologa keniota.
È stata la prima donna africana ad aver ricevuto il Premio Nobel per la Pace.
In Africa ha fatto da apripista per le donne in molti campi, l’istruzione, il lavoro, la politica, insegnando loro che hanno gli stessi diritti, la stessa intelligenza e le stesse possibilità degli uomini e che devono lottare per il rispetto.
Wangari nasce a Ihithe il 1º aprile 1940. Apparteneva all’etnia kikuyu ed in quel periodo, quando il Kenya era una colonia inglese, le figlie dei contadini Kikuyu non andavano a scuola. Un fratello di Wangari convinse la madre a lasciare che Wangari frequentasse con lui la scuola elementare del villaggio. Un’insegnate della scuola la prese a cuore e la aiutò ad entrare alla scuola primaria Santa Cecilia, un pensionato della missione cattolica di Nyeri, dove avrebbe potuto soggiornare e studiare. In quegli anni Wangari si convertì al cattolicesimo, proseguì gli studi, all’esame delle medie fu prima della sua classe e si impegnò tanto da essere ammessa al liceo Nostra Signora di Loreto, a Limuru, l’unico liceo femminile del Kenya. Dopo il diploma e grazie al programma “Ponte aereo Kennedy” (che forniva una borsa di studio ai migliori studenti africani), nel 1966 si laurea in biologia, presso l’Università di Pittsburgh, e li resta a lavorare presso il dipartimento di zoologia.
Finito il corso di specializzazione nel 1966, è nominata assistente di ricerca al Dipartimento di zoologia dello University College di Nairobi, ma ben presto scopre che il posto è stato assegnato a un uomo, non ancora laureato, che ha la stessa etnia del direttore. Rimane delusa ma non si arrende: ottiene la stessa posizione alla Scuola di veterinaria ed in più fa ricerca all’università di Giessen e di Monaco, in Germania, per terminare la tesi di dottorato sulle gonadi dei bovini.
Nel 1969 sposa Mwangi Mathai, dal quale avrà tre figli.
Nel 1971 è la prima donna keniota a ricevere un dottorato e nel 1974 la prima donna keniota a diventare professore assistente.
Organizza la lotta delle lavoratrici dell’università per un salario decente, milita nella Croce Rossa, nel Consiglio nazionale delle donne del Kenya e come rappresentante delle universitarie, entra nell’Environmental Liaison Centre che promuove la partecipazione delle organizzazioni non governative al Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente (UNEP).
Nel frattempo il marito, che si era dedicato alla politica, vince un’elezione e Wangari per aiutarlo a mantenere la promessa fatta in campagna elettorale di creare nuovi posti di lavoro, fonda Envirocare, una società che crea vivai e dovrebbe finanziarsi vendendo alberi. Il progetto però fallisce, anche per l’ostilità del governo che distribuisce terre statali ai propri protetti, i quali le disboscano per far posto a grandi piantagioni di tè e di caffè. Ancora una volta Wangari non si arrende e risponde in un modo esemplare: durante la giornata mondiale per l’ambiente, il 22 aprile del 1977, con altre donne del Consiglio nazionale, pianta sette alberi in un parco appena fuori città, come “simbolo di pace”.
Quel momento segna l’inizio del movimento femminile Green Belt, contro il degrado ambientale, la corruzione e il “tribalismo” del partito unico di Daniel arap Moi, presidente dal 1978 al 2002.

Non possiamo stancarci o mollare. Lo dobbiamo alle generazioni presenti e future, di ogni specie.

Dobbiamo  alzarci e andare avanti!” Wangari Maathai

Le attiviste sono picchiate, incarcerate, minacciate di morte, ma ciononostante continuano a combattere per i loro ideali, distribuendo semi, insegnando alle altre donne a curare i vivai e a difenderli con forme di lotta non violente, protette da agenzie dell’Onu e da Ong straniere, e finanziate dalla Società forestale norvegese.
Nel 1985 si tiene a Nairobi il terzo vertice delle Nazioni Unite sulle donne. Le delegate vengono accompagnate a vedere l’opera compiuta: gli alberi da frutta e da legna attorno alle scuole, alle chiese, ai campi coltivati. Le delegate ne rimangono colpite e decidono di portare questo progetto nei loro paesi per combattere così la desertificazione, la siccità e la fame e proteggere l’ambiente. Nasce così il Pan African Green Belt Network: una cinta verde di quasi 30 milioni di alberi che attraversa l’Africa subsahariana.
Mentre Wangari Mathai colleziona premi internazionali, la sua popolarità e quella di Green Belt continuano a crescere e il movimento allarga le sue aree di battaglia: lotta per la democrazia, per la giustizia uguale per tutti, per i diritti umani e civili, per la libertà di espressione, per la cancellazione del debito estero dei paesi più poveri, occupa terre pubbliche cedute spesso illegalmente a società straniere, occupa campi da golf costruiti per gli amici del presidente ed occupa persino il parco al centro di Nairobi dove il presidente intende costruire un grattacielo e farne la sede del proprio partito.
Dall’altra parte però continuano a crescere le campagne di diffamazione, gli arresti e i processi. Il marito di Wangar, la accusa di tradimento e di trascurare lui e i figli, la porta in tribunale e vince la causa di divorzio. Daniel arap Moi dal canto suo sentendo quelle donne che combattono per i diritti come una minaccia per l’ordine pubblico, comincia un’azione repressiva così brutale da suscitare le proteste di governi stranieri: il vice-presidente Al Gore chiede la liberazione delle prigioniere o gli Stati Uniti sospenderanno una parte degli aiuti bilaterali.
Nel 2002 Wangari Maathai, con una “a” in più perché l’ex-marito le ha vietato di usare il cognome da sposata, si presenta alle elezioni con la Coalizione arcobaleno, promuovendo una politica di onesta, e nella sua circoscrizione viene eletta con il 98% dei voti.
Da vice ministro dell’ambiente e delle risorse naturali, nel 2004 rilascia un’intervista in cui sostiene che il virus dell’AIDS è stato creato da scienziati occidentali per decimare la popolazione africana. Nel 2004 riceve il premio Nobel per la pace.
Nel 2005 è eletta presidente del Consiglio economico, sociale e culturale dell’Unione Africana e rappresenta il continente in assemblee internazionali.
Il 10 febbraio 2006 ha partecipato alla Cerimonia di apertura dei XX Giochi olimpici invernali di Torino, portando per la prima volta nella storia la bandiera olimpica insieme ad altre sette celebri donne. Ha anche partecipato al congresso internazionale Foederatio Pueri Cantores come rappresentante del Kenya.
Nel 2007 perde le elezioni parlamentari, probabilmente per frode, ma nonostante un cancro alle ovaie, continua a costruire speranza, fondando insieme alle “sorelle Nobel” Betty Williams e Mairead Corrigan, Rigoberta Menchu, Jody Williams e Shirin Ebadi, la Nobel Women’s Initiative per dar visibilità a quelle che come lei cercano di rendere il mondo un po’ più vivibile per tutti.
Malata di tumore da lungo tempo, muore a Nairobi il 25 settembre 2011 all’età di 71 anni.
Fonti
Enciclopedia delle donne
Wikipedia
Wangari Maathai, Solo il vento mi piegherà, Milano, Sperling & Kupfer, 2007
Maathai, Wangari, La sfida dell’Africa, Nuovi Mondi, 2009
Biografia su Green Belt Moviment
Tiziana Giusto
info@tizianagiusto.it

Professionista del coaching, della comunicazione, della crescita personale, professionale e dell’Empowering al Femminile. Ti supporto nella tua crescita personale, attraverso percorsi e formazione mirata.

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